sabato 28 settembre 2024

Recensione "Mastro Calvet" di Madeleine Vernet

 


 

Quarto volume della Collana "Romanzieri francesi del XIX e XX secolo", il romanzo descrive la vita nelle campagne normanne negli anni Venti del Novecento, e l'ho trovato molto interessante sia per lo studio psicologico dei personaggi che per il realismo della storia.

Il Mastro Calvet del titolo, è un contadino che ha dedicato tutta la vita al lavoro nei campi e alla sua fattoria con l'aiuto della moglie e dei figli. Giunto alla soglia della pensione vorrebbe sistemare l'ultima figlia, Zefine, sposandola al ricco erede di un vicino.

Secondo lui allontanarsi dalla propria terra è un tradimento, perciò guarda con preoccupazione alla bellezza in fiore della fanciulla. Già l'avvenenza di sua cugina ha finito col conquistare un olandese e i due, dopo il matrimonio, hanno lasciato il paese con suo sommo scandalo. Zefine è fidanzata col partito scelto dal padre ma separata da lui a causa della lunga durata della leva militare.

La vita del tranquillo paesino, lontano dalle strade commerciali e dalle mete turistiche, viene stravolta da una notizia sensazionale. Il vecchio castello che domina il borgo, chiuso da sessant'anni, è stato venduto a un imprenditore parigino e sta per essere ristrutturato. L'arrivo degli operai addetti ai lavori è imminente.

Fra questi ci sono anche lavoratori stranieri che vengono guardati con sospetto dagli abitanti, chiusi nelle loro tradizioni secolari.

Gli operai trovano però il modo di farsi accettare: organizzano serate musicali e danzanti presso l'osteria del paese e l'atmosfera gioiosa contagia subito le nuove generazioni.

Giovane, bella, ma anche ingenua, Zefine si sente attratta da uno degli operai del cantiere, un italiano molto più esperto di lei che approfitta della sua innocenza per sedurla. Da questo momento le cose precipitano.

Mi è piaciuto il romanzo perché non vuole fare moralismo ma descrive così com'era la vita del tempo con un ottimo approfondimento psicologico dei personaggi. L'attualità della storia  proviene sia dal conflitto generazionale, ben presente in ogni epoca, sia dall'ostilità verso il diverso, lo straniero. Che sia un soldato tedesco prigioniero, o un operaio italiano, la diffidenza dei paesani è pronta ad alzare muri.

Non si può restare indifferenti al dramma della giovane Zefine. Come tutti i giovani vuole solo provare nuove emozioni, assaporare la vita e l'amore, ma incappa purtroppo in un mascalzone. Nonostante tutto, trova la forza di rialzarsi, di sopportare ingiurie e umiliazioni quando la verità verà alla luce. 

Mastro Calvet mi ha ricordato il nostro Mastro Don Gesualdo per l'attaccamento alla terra. Calvet però, oltre a possedere la terra, vuole possedere anche le persone, prima di tutto moglie e figli su cui comanda come un tiranno, e non ammette eccezioni né disubbidienza. Duro e granitico, non cambia mai idea e non si lascia scalfire dall'inevitabile cambiamento fino alla fine. 

Nel bene e nel male, il paese è un microcosmo in cui si scontrano amori, passioni, rancori, gelosie. Fra i personaggi positivi il parroco, che cerca di mitigare le conseguenze dei drammi e riportare la ragione fra le sue pecorelle smarrite. Anche François, il fidanzato tradito, dimostrerà una forza d'animo non comune. 

La lettura è scorrevole e la consiglio a chi cerca un'ambientazione insolita e una storia d'amore realistica. 

 

 



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