“Zio Max! Che piacere! Non sapevo che Ferdinando avesse
invitato anche te” Chiusi a macchina e lo raggiunsi.
Alzò lo sguardo e non potei fare a meno di notare quanto fosse
invecchiato: cominciava a mettere su un po’ di pancetta ormai,
anche se la sua altezza la mascherava un po’. I capelli erano sempre
più radi e le rughe erano in parte nascoste dagli occhiali. Aveva
sessantanove anni, ed era in pensione già da cinque anni dopo aver
lasciato il negozio di ferramenta sotto la gestione di Mauro, mio
cugino. Mia zia li aveva lasciati quando Mauro aveva solo dieci anni
a causa di un brutto male, e perciò zio Max passava tutte le sue
giornate andando a pesca oppure passeggiando per la città.
Massimo mi strinse la mano e fece solo un cenno con il capo.
Poi aggiunse: “Hai idea del perché siamo qui?”
“Beh, Ferdinando dice di volersi riappacificare con la famiglia”
Entrammo, e la cameriera ci accolse prendendoci le giacche. Ci
accompagnò in salotto e ci invitò a prendere posto. Al tavolo vi
erano già seduti Sara, dai capelli scarlatti e il volto candido, con a
fianco un bambino di circa tre anni praticamente uguale a mio
fratello tranne che per i capelli che erano rossi come quelli della
madre; Stella col suo nuovo marito; mio cugino Mauro (figlio di
Massimo) con sua moglie Laura; e un signore che non conoscevo.
Mi sedetti accanto a Mauro.
“Hai ricevuto anche tu l’invito di Ferdinando o hai
semplicemente accompagnato tuo padre?”
Era tanto che non vedevo mio cugino. Aveva ormai
quarant’anni, tre in più di me, e i suoi capelli cominciavano ad
ingrigirsi. Tre rughe solcavano la sua fronte, e come suo padre
portava una montatura piuttosto grande. A differenza sua però, era
ancora magro e di statura media.
“Ho ricevuto anche io la sua lettera. Credo voglia riappacificarsi
in seguito alla nostra ultima discussione”
“Quale discussione?”
“Ecco … è passato ormai”
Preferii non insistere.
Mi guardai intorno. La casa era arredata con mobili antichi, tutti
rigorosamente fatti di legno massello di noce. Una libreria correva
lungo tutta la parete, e al lato di fronte vi erano due piccole
credenze con anta in vetro alle estremità, affiancate ciascuna da due
dipinti enormi. In mezzo a questi vi era l’arco che dava
sull’ingresso.
Il tavolo era circondato da dodici sedie, di cui dieci erano già
occupate. Si poteva presumere che gli ospiti erano al completo.
“Aldo, che piacere vederti!” Si avvicinò a me Stella. “Posso
presentarti mio marito?”
Stella era vestita in un abito marrone a dir poco vistoso, lungo
con brillantini ovunque. Aveva le palpebre completamente nere e
un rossetto scarlatto. A fianco a lei c’era questo grosso omone tutto
muscoli, almeno due volte me, con i capelli neri e molto corti.
“Certo. Piacere Aldo. Questa è mia moglie Lara” dissi un po’
imbarazzato.
“Incantato, io sono Alessandro, ma puoi chiamarmi Alex se
preferisci” disse baciando la mano a mia moglie.
A giudicare dalle arie che si dava Alex, i gusti di Stella in fatto di
ragazzi non erano cambiati affatto. Anzi, nulla di lei era cambiato,
a parte il seno più grande, le labbra più carnose e gli zigomi tirati.
La situazione cominciò a sembrarmi un po’ irreale. Perché ci
trovavamo lì? Quando sarebbe arrivato Ferdinando?
Nella lettera diceva che voleva eliminare le faide famigliari, il
che spiegava lo zio Max e Mauro, e in parte anche Sara; ma Stella?
E quel signore che in silenzio fissava la superficie del tavolo con
sguardo cupo?
Estratto 2
“Signori …” dissi battendo un pugno contro l’altro palmo della
mano “in questa stanza abbiamo un assassino”
“Ma che diavolo stai dicendo” fece Stella “Ferdinando si è
suicidato, abbiamo visto tutti il coltello nella sua mano”
“Mia cara Stella” dissi con tono aspro e sarcastico “vorrei
permettermi di correggerti visto che primo la posizione del
cadavere è troppo ferma, quasi come se fosse stata manipolata, e
già questo basta ad allontanare la teoria del suicidio. Inoltre, come
maggiore prova che la vittima è stata assassinata, sono stati
riscontrati sul suo corpo segni di soffocamento”
Guardai i volti dei presenti nel tentativo di scorgere qualcosa
ma vidi solo paura e stupore sui volti della maggior parte delle
persone, tranne il volto di Gio’ che rimaneva indecifrabile.
“Sarete pertanto tutti interrogati poiché ognuno di voi aveva un
movente per ucciderlo”
“E chi ci interrogherà? Tu? Chi ci dice che non sei stato tu?
Persino tu avevi avuto delle divergenze con lui l’anno scorso” disse
zio Max.
“Credo di essere stato l’unico ad averlo sostenuto ieri mentre
tutti vi eravate coalizzati per attaccarlo. Però sì, dovrò rilasciare
anche io la mia testimonianza, e sì zio Max, seguirò questo caso
finché mi sarà consentito che ti piaccia o non ti piaccia. Però a
condurre gli interrogatori sarà il mio collega Filippo Conticini”
Filippo interrogò tutti i presenti e io ascoltai ogni testimonianza
prendendo qualche appunto e facendo qualche domanda quando
qualcosa non mi tornava.
Nessuno aveva detto niente di interessante, e secondo quelle
testimonianze tutti dormivano durante l’ora del delitto e nessuno
aveva sentito niente. C’era chi aveva un sonno piuttosto leggero e
quindi poteva fornire un alibi valido al partner, come nel caso di
Mauro e la moglie, o chi aveva dormito da solo e quindi non si
poteva definire con un alibi. La cameriera aveva annunciato di
essere stata sveglia fino all’una di notte con il marito, il secondo
cameriere, e poi di essere andati a dormire entrambi nella loro
stanza al piano di sotto. Il cuoco invece era tornato a casa dopo la
cena come di consueto e rientrato stamattina alle otto per ordine
del padrone di casa. Io potevo testimoniare il suo congedo, come
chiunque, il che lo scagionava come possibile indiziato.
A detta della cameriera tutti eravamo stati invitati lì a causa di
una lite più o meno grave, ma sia Mauro, che Stella e Gio’
dichiaravano di non aver avuto alcun problema se non una lieve
divergenza già risolta in precedenza. Li assillai con un po’ di
domande ma nessuno cedette e disse la verità. Mauro ebbe
addirittura una reazione eccessiva.
“Tu stesso hai detto di aver avuto una divergenza con lui”
“Sì, ma ho anche dichiarato che ormai era passato del tempo”
“Però poi gli hai tirato un pugno in pieno viso atterrandolo
davanti a tutti”
“Aveva dato del pazzo a mio padre!”
“Quindi questo poteva essere un buon motivo per aspettare il
mattino, entrare nella sua stanza e ucciderlo”
“Ma che cavolo stai dicendo?”
“Sto soltanto facendo il mio lavoro. Rispondi alla domanda,
prego”
“Non avrei mai ucciso tuo fratello. Sei diventato pazzo?”
“Secondo la tua teoria adesso dovrei tirarti un pugno”
“E va bene, ho sbagliato a colpirlo. Diciamo che ho perso la
testa. Dava di continuo del pazzo a mio padre e non lo sopportavo.
Ma non lo ho ucciso io. Non lo avrei mai ucciso. Per cosa poi? Per
far restituire a mio padre delle monete che non esistono più, o per
non fargli più dare del pazzo a mio padre? E ucciderlo in casa sua
davanti a tutti col rischio che qualcuno mi sentisse e di venire poi
arrestato?”
“Non lo so, dimmelo tu”
“Andiamo! Sii realista! E poi che cazzo vuoi? Persino tu hai
litigato con lui e non vi siete parlati per un anno intero. Chi mi dice
che tutte le tue azioni di questi ultimi due giorni non erano una
recita per distruggere il tuo movente? Avevi la stanza accanto alla
sua, chi mi dice che tu non sia entrato nella sua in piena notte e che
non l’abbia ucciso tu?”
“Non ti permetto …”
“Signori, direi di finirla qui. Signor Verdi per ora può andare e
raggiungere sua moglie. Ma si tenga a disposizione e non lasci la
città. La prego di farci sapere anche se in un futuro le dovesse
venire in mente altro” Ci interruppe Filippo.